Stiamo assistendo all'esplosione di un talento purissimo come quello di Charles Leclerc. Un prototipo di pilota perfetto. Calmo, tranquillo, umile e con ancora addosso quell'aurea di fanciullezza e spensieratezza richiesta ad un ragazzo di appena ventidue anni, mentre in pista fuoriesce il suo lato indomabile, da cannibale automobilistico che non vuole regalare niente a nessuno, neanche al suo compagno di squadra.
Luigi Perna, nell'edizione odierna della Gazzetta dello Sport, ha parlato dell'adolescenza del monegasco, quando il lato esuberante era quello predominante e di come la Ferrari gli abbia affiancato un team apposito per lavorare sulla mentalità: "Un mental coach? «Non ne ho bisogno», dicono all’unisono Sebastian Vettel e Lewis Hamilton. Ma c’è chi sull’allenamento mentale ha costruito i progressi della sua carriera. È il caso di Charles Leclerc, il giovane Fenomeno della Ferrari, cresciuto fin dalle prime stagioni di gare sotto la guida di un’équipe di medici. «È la testa che fa tutto. Analizzo ogni cosa che faccio per capire se posso migliorare», ha spiegato il monegasco. Raccontando di essersi affidato da bambino agli specialisti di Formula Medicine, la struttura con sede in Toscana che fa capo a Riccardo Ceccarelli, un pioniere nella materia. Leclerc aveva già allora doti fuori dal comune. I test di valutazione dei piloti all’epoca ruotavano intorno a cinque parametri: tempi di reazione, concentrazione, capacità visuospaziale, memoria e capacità visuo-coordinativa. Per ognuno di essi, Ceccarelli e suoi collaboratori avevano stabilito punteggi da 1 a 5 […]. I piloti sedevano davanti al computer e utilizzavano due pulsanti. Ottenere il massimo in un singolo test era difficilissimo, riuscirci nei cinque test in sequenza (25 punti) praticamente impossibile. «Charles durante gli allenamenti ottenne un punteggio di 24 – racconta Ceccarelli sottolineando il dato –. Su circa mille piloti che abbiamo esaminato nel corso degli anni, solo due o tre ci sono riusciti». Non bisogna meravigliarsi se il ragazzino in qualifica sappia mettere insieme quasi sempre il giro ideale.L’unico limite di Leclerc era caratteriale. La tendenza ad arrabbiarsi e a disperdere energie. Un aspetto su cui il ventiduenne ferrarista ha lavorato molto, ma che ancora lo tradisce in qualche occasione: esempio lampante i messaggi via radio a Singapore e a Sochi, quando Charles si è ritrovato dietro a Vettel a causa delle strategie e ha manifestato tutto il suo disappunto con gli ingegneri. «Lo avevamo notato anche noi: in ogni test che affrontava, voleva vincere. E quando non ci riusciva, si arrabbiava. La rabbia è segno di energia e motivazione, ma risulta controproducente se non è controllata dal cervello – spiega ancora Ceccarelli –. Il pilota perfetto è una persona in apparenza calma, con l’istinto del killer. Charles doveva diventare più calmo. E si è allenato molto per migliorare. La chiave è l’autoanalisi, la capacità di capire e ammettere i propri errori, per superarli.». Basta osservare come cambia l’atteggiamento di Leclerc non appena scende dalla monoposto. Negli Anni 90, l’allenamento mentale era ancora una scienza embrionale. La stanza dove si svolgevano i test era ribattezzata “la sala giochi”. Oggi è diventata la “mental gym”, una vera e propria palestra per la mente, che si affianca e va in parallelo con quella fisica, dove si allenano muscoli e polmoni. Il modello è pronto a essere esportato all’estero (Asia e Stati Uniti) e a diventare un riferimento anche per altri sport: di recente due fra le squadre di calcio più forti d’Europa hanno chiesto la consulenza di Formula Medicine. Nei cinque anni passati ad allenarsi in Toscana, prima dell’approdo nel vivaio Ferrari Driver Academy, Leclerc è stato sottoposto a ulteriori test più avanzati, indossando una fascia per monitorare l’attività cerebrale in rapporto alla prestazione corporea. «Fuori dall’auto è un ragazzo umile e riconoscente. In pista un pilota spietato. A me in questo ricorda Ayrton Senna".
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