L’eco della finale 2016 torna a ruggire nel paddock: allora Lewis Hamilton scelse di rallentare volontariamente il gruppo pur essendo leader, nel tentativo di mettere in crisi il rivale al titolo. Quella manovra, entrata nella storia per audacia e polemiche, è oggi il metro con cui si misura l’ipotesi avanzata da Max Verstappen. L’olandese non nasconde il timore che Lando Norris possa inserirsi nella lotta per il podio e ribalta la prospettiva citando quel precedente. Secondo lui, la situazione potrebbe richiedere un approccio simile per neutralizzare il britannico, visto che in certe condizioni la presenza della McLaren davanti cambierebbe radicalmente gli equilibri.
Le differenze che complicano la replica
Pur evocando la mossa passata, Verstappen chiarisce subito che la pista odierna non offre le stesse opportunità. “Allora, il layout era un po’ diverso”, ricorda, evidenziando come la configurazione più lenta facilitasse chi voleva controllare il ritmo. Oggi la dinamica aerodinamica è mutata: “Ora c’è un effetto scia leggermente maggiore”, spiega, un fattore che renderebbe più difficile tenere compressa la fila senza subire contrattacchi. Le caratteristiche dell’epoca, aggiunge, favorivano il leader anche dal punto di vista delle gomme, dato che “le gomme erano un po’ più sensibili”, permettendo di mettere in crisi gli avversari. Nella Formula 1 attuale, con mescole più robuste e vetture più stabili, una tattica simile rischierebbe di essere meno incisiva e molto più pericolosa.
Un piano teorico che passa da una condizione obbligata
Resta poi il nodo principale: per orchestrare una strategia del genere, Verstappen dovrebbe prima conquistare il comando del gruppo. Senza quella premessa, qualsiasi intento di gestione forzata del ritmo si dissolve. Inoltre, la competitività odierna riduce i margini per manovre aggressive: rallentare troppo potrebbe offrire agli inseguitori una finestra d’attacco che comprometterebbe l’intera gara. In definitiva, la “tattica Hamilton” rimane un’ipotesi suggestiva, utile per comprendere la tensione del momento, ma difficilmente replicabile senza condizioni perfette e un controllo quasi chirurgico sullo sviluppo della corsa.
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