Rubens Barrichello, in 19 stagioni di Formula 1, ha disputato 326 Gran Premi ottenendo 11 vittorie, 68 podi e due secondi posti nel mondiale piloti. Oggi, a 53 anni, continua a correre nella Stock Car Pro Series e ha intrapreso un nuovo percorso, entrando nel settore dell’iGaming come Non-Executive Director per l’America Latina di Softswiss, società attiva nello sviluppo di software per casinò online e scommesse sportive. In questa intervista esclusiva rilasciata a Daniele Alfieri di Casinos.com, Barrichello ripercorre alcuni momenti chiave della sua avventura in Ferrari e spiega come le competenze maturate nel mondo delle corse continuino a influenzare il suo approccio nelle sfide di oggi.
Come molti piloti di Formula 1, anche tu hai iniziato nel karting da bambino. Cosa ti ha colpito di questo sport?
"Avevo sei anni quando sono salito su un kart per la prima volta. Tutto mi sembrava enorme: il motore, la pista che scorreva veloce, l’aria sul casco. Da subito ho sentito quel legame speciale tra uomo e macchina. Anche il suono del piccolo due tempi mi colpì: non era rumore, ma un battito che andava al ritmo del mio cuore. La velocità mi ha preso immediatamente e ho capito di sentirmi vivo quando aprivo il gas. Alla prima gara ero timido e spaventato, ma quando ho tagliato il traguardo e vinto, mi sono innamorato per sempre di questo sport".
La tua famiglia ha incoraggiato fin da subito questa passione per il motorsport?
"La mia famiglia ha avuto un ruolo enorme. Mio padre e mio nonno, che si chiamavano entrambi Rubens come me, hanno sempre creduto nel mio talento, ancora prima che ci credessi io. Non si lamentavano mai quando chiedevo di restare un’ora in più in pista. Mi hanno anche insegnato che vincere non era tutto: contava soprattutto migliorarsi giro dopo giro. A metà degli anni ’80, il karting in Brasile era una comunità molto unita e per me quei primi tempi erano libertà pura. Non c’era pressione, solo un ragazzino che correva a sessanta all’ora sognando un giorno di andare ancora più veloce".
A 18 anni ti sei trasferito in Inghilterra e poco dopo eri già in Formula 1 con la Jordan. Era sempre stata tua intenzione fare questo passo per diventare un pilota professionista?
"Lasciare San Paolo per l’Inghilterra era l’unico modo per inseguire il sogno della Formula 1. Dopo i successi nel karting in Brasile, sapevo che dovevo essere lì, vicino ai migliori team e ai migliori ingegneri. Non si trattava solo di velocità, ma di vivere in una cultura di eccellenza e imparare dai migliori".
Quali altri fattori hanno contribuito alla tua rapida crescita nelle categorie giovanili?
"Il mio successo è stato alimentato da tanta pratica e da una vera ossessione per i dati. Passavo ore ad analizzare i tempi sul giro, a perfezionare i punti di frenata e a provare assetti diversi. Ma talento e costanza da soli non bastano: servono anche le persone giuste accanto. Ho avuto la fortuna di incontrare ingegneri-mentori che mi hanno insegnato a leggere la telemetria e a sfruttare al massimo la macchina. Altrettanto importante era l’approccio mentale. Prima di ogni weekend avevo un rituale: visualizzavo ogni curva e ogni cambiata, ricordandomi che l’ansia era solo il segno che ci tenevo davvero. Quella calma interiore e la fiducia nel superare i miei limiti hanno attirato l’attenzione di Eddie Jordan, che mi ha messo sotto contratto per il debutto in Formula 1 nel 1993".
Il tuo approccio è cambiato quando sei passato a team storici come Ferrari e Williams?
"Correre per la Scuderia Ferrari e per la Williams è stato un privilegio enorme, ma ha portato con sé sfide molto precise. La sfida era diversa in Williams. È una squadra con una storia straordinaria ma, in quel periodo, non disponeva di una macchina dominante. L’obiettivo era quindi tirare fuori il massimo dal materiale a disposizione, motivare il team e lottare per i risultati, pur sapendo che un titolo non era realistico. In entrambi i casi ho imparato molto: che si trattasse di lottare per la vittoria o per ogni singolo punto, la cosa più importante era mantenere motivazione, etica del lavoro e spirito di squadra".
Ad aprile 2024 sei entrato in Softswiss come Non-Executive Director per l’America Latina. Perché hai deciso di collaborare con questo innovatore dell’iGaming?
"Quando Softswiss mi ha contattato a inizio 2024 ho visto un parallelo unico con le corse. È un’azienda tecnologica che spinge i limiti di innovazione, strategia e lavoro di squadra. Dopo una vita passata in ambienti ad alta pressione, per me era l’occasione di mettere quell’esperienza al servizio di un settore molto promettente. Quello che mi ha colpito di più è stata la mentalità visionaria. Entrare in Softswiss è stato come prendere posto nell’abitacolo di una squadra leader del settore, non semplicemente occupare una poltrona in consiglio. Nelle corse il successo nasce dall’unione tra la precisione dell’ingegneria e il talento del pilota. In Softswiss ho ritrovato quella stessa unione di innovazione e intuizione umana, e ho accettato con entusiasmo la possibilità di dare il mio contributo".
Ti ha entusiasmato la sfida di entrare in un’azienda dell’iGaming?
"Sì, è stata una sfida che mi ha subito entusiasmato. Il mercato dell’iGaming in America Latina è vicino a una crescita enorme, ma per affrontarlo non basta la competenza tecnica: servono relazioni autentiche e fiducia. Il mio ruolo, per come lo vedo io, è proprio quello di fare da ponte: mettere a disposizione il mio profilo pubblico e la mia rete di contatti per aprire porte e, allo stesso tempo, lavorare con il team di Softswiss per adattare le migliori pratiche alla regione".
Come hanno reagito i tuoi amici e la tua famiglia alla decisione di collaborare con Softswiss?
"La reazione è stata un mix di curiosità ed entusiasmo. Alcuni erano anche sorpresi, perché rappresentava un cambiamento netto rispetto al mondo delle corse. Ma hanno subito sostenuto la mia scelta quando ho spiegato la visione che c’era dietro: non si trattava solo di gaming, ma di innovazione tecnologica, strategia e della possibilità di costruire qualcosa di significativo in America Latina. I miei figli, che come me sono molto legati alla tecnologia, l’hanno trovata una scelta 'cool'. Gli amici più stretti hanno detto che aveva senso, perché mi hanno sempre visto come uno che ama le sfide e non si tira indietro di fronte a qualcosa di nuovo da imparare. Quel tipo di supporto mi ha dato ancora più motivazione per fare bene e aiutare Softswiss a crescere nella regione".
Cosa sapevi dell’iGaming prima di entrare in Softswiss?
"Prima di unirmi a Softswiss avevo solo una conoscenza superficiale del settore. Come tanti, avevo visitato siti di casinò online e visto pubblicità di scommesse sportive, ma non ero un giocatore attivo. Sono sempre stato più un giocatore 'offline': oltre alle corse, la mia passione è il golf. Ogni tanto mi è capitato di scommettere per divertimento, per aggiungere un po’ di adrenalina mentre guardavo una partita, ma non sono mai stato un frequentatore abituale di casinò online. Quello che invece mi ha sempre affascinato è la parte strategica, in pista e fuori. L’attenzione di Softswiss a responsabilità e tutela dei giocatori è qualcosa che sento molto vicino ai miei valori".
Softswiss ha chiuso lo scorso anno ottenendo l’autorizzazione per la distribuzione di giochi in Brasile. In che modo stai aiutando l’azienda a promuovere le sue soluzioni in questo nuovo mercato?
"La mia missione è aumentare la consapevolezza tra operatori locali, regolatori e sviluppatori. Ho affiancato Softswiss in eventi di settore chiave come il SiGMA Americas di quest’anno, dove sono salito sul palco per raccontare come le lezioni apprese in carriera possano aiutare le aziende ad avere successo nel business. Dietro le quinte ho organizzato tavole rotonde e incontri con la community a San Paolo per mettere in contatto Softswiss con studi brasiliani e influencer dell’iGaming. Attraverso conversazioni mirate, traduco il linguaggio del lavoro di squadra della Formula 1 nel contesto dell’iGaming, aiutando gli stakeholder locali a capire come l’azienda possa migliorare coinvolgimento dei giocatori ed efficienza operativa. Inoltre, affianco regolarmente i business development manager di Softswiss su temi culturali e priorità normative in Brasile. Unire la mia immagine pubblica a presentazioni dirette ha permesso di aprire porte con operatori chiave che forse avrebbero ignorato un provider europeo. In questo modo porto a Softswiss una sorta di voce autentica nella sua presenza in America Latina".
Puoi fare un esempio di queste sfumature culturali?
"L’America Latina, e il Brasile in particolare, ha un suo ritmo quando si tratta di fare business. A differenza di Europa o Nord America, dove i regolamenti sono spesso ben definiti, qui ci muoviamo in contesti emergenti che evolvono rapidamente e cambiano da Stato a Stato. Una sfumatura culturale importante è il valore attribuito alla fiducia e alle relazioni personali. In Brasile le decisioni non si basano solo sui numeri di una presentazione, ma su legami umani autentici. Con Softswiss ho contribuito a favorire un dialogo trasparente con gli stakeholder locali per parlare la loro lingua, sia in senso letterale che culturale. Si tratta di trovare il giusto equilibrio tra innovazione tecnica e sensibilità culturale, qualcosa che ho imparato dentro e fuori dalla pista".
Quali sono i tuoi obiettivi per rafforzare la presenza di Softswiss in America Latina?
"Il mio obiettivo è aiutare Softswiss a diventare il partner di iGaming più affidabile e radicato nel contesto locale dell’America Latina. Questo significa lavorare a nuove certificazioni, oltre a quelle già ottenute in Brasile e in Perù. In questo momento stiamo osservando con attenzione mercati come Argentina, Colombia e Messico. Allo stesso tempo, puntiamo a costruire rapporti solidi e duraturi con regolatori e operatori locali. Per me, però, il successo non si misura soltanto con licenze e certificazioni, ma con la capacità di instaurare un vero legame con la comunità. Sarà una vittoria quando gli operatori locali sceglieranno Softswiss non solo per la tecnologia, ma perché si sentono ascoltati e compresi. Vorrei anche che la nostra presenza in Brasile crescesse promuovendo il gioco responsabile e la sicurezza dei giocatori. Quando vedremo una maggiore adozione da parte di clienti affidabili e riceveremo ottimi feedback dai partner, saprò che stiamo andando nella direzione giusta".
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