Il Gp d’Arabia Saudita è stato come quei film horror all’apparenza terrificante che fanno il giro intero e diventano assurdi e ridicoli. Inizialmente è stata colpa della regia che ha perso il controllo dell’intera operazione con decisioni no-sense e decisamente pattizie, come la prima bandiera rossa, poi dagli attori che, incoraggiati dal sentimento di lassez-faire che aleggiava sul set, hanno deciso di esagerare oltre qualsiasi limite. Ma a noi questo, sinceramente, piace. Piace vedere l’umana follia sfociare nell’assurdo, nel kitsch. Piace vedere l’ambizione prendere vita, accecare la lucidità così fondamentale in uno sport che si gioca sul centimetro oltre il limite. Ogni colpo di furbizia, ogni staccata tirata all’inverosimile, ogni reazione di pancia è la dimostrazione del consapevolezza di Hamilton e Verstappen del talento del rivale.

È inutile puntare il dito sulle scorrettezze, parlare di immagine sporcata dalle loro azioni, avere un’ottica moralista e votata alla correttezza e allo sportività in questo caso. Questi due fenomeni ci hanno regalato un mondiale che entra dritto dritto nella leggenda dello sport, indipendentemente da come finirà. C’è chi corre per l’affermazione e per l’ingresso in un circolo ristretto, c’è chi corre per la Storia con la S maiuscola, per diventare il più grande di sempre. Ad ambizioni così sfrenate seguono azioni illogiche e di conseguenza pericolose.

Se la Formula 1 è diventata quello che è, è anche merito di epiloghi del genere. Un Dio dello sport come Michael Schumacher ha il 1997 nel suo curriculum vitae, ma non per questo è meno amato, meno celebrato o è stato meno di ispirazione per tutto quanto il mondo. Nonostante sia sempre più uno sport di ingegneria e tecnologico, c’è sempre l’uomo al volante della macchina e se vogliamo vedere il sangue, che sia sangue. Sempre. In ogni gara, anche quando la ferocia diventa ridicola e da gladiatori si passa a bambini viziati che fanno i capricci. Per questo amiamo la Formula 1. Per questo rendiamo onore a due scuderie rivali che ci hanno fatto soffrire negli ultimi tredici anni nel nostro lungo digiuno che speriamo di saziare in fretta. Rendiamo onore a loro per il lavoro fatto, per lo spettacolo concesso che li renderà immortali. Perchè il 2021 è un anno immortale per la storia della Formula 1 e non basta un regista non all’altezza della situazione per rovinarlo. Ad Abu Dhabi il finale verrà scritto: uno raggiungerà la gloria eterna, l’altro avrà l’amaro in bocca e se nell’infinita sceneggiatura che ci ha accompagnato da marzo a dicembre c’è anche spazio per un piccolissimo capitolo di horror ridicolo non ci importa. D’altronde i film, come il comportamento dei piloti, non possono essere sempre bellissimi.

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Sezione: Editoriale / Data: Lun 06 dicembre 2021 alle 07:00
Autore: Paolo Mutarelli / Twitter: @j_pablo99
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