Il 2026 rappresenta un punto di svolta per la Ferrari e per l’intera Formula 1. Una stagione che potrebbe trasformarsi in una vera rivoluzione, soprattutto se la vettura non dovesse essere all’altezza delle aspettative. Rispetto al 2025 cambierà praticamente tutto, perché il nuovo regolamento porterà monoposto completamente riprogettate, un mondo nuovo che segnerà la fine dell’era del DRS e aprirà una fase tecnica in cui si cercherà di riportare più spettacolo, più equilibrio e più sostenibilità. Le vetture saranno più piccole, più leggere e con un pacchetto aerodinamico profondamente rivisto, sia all’anteriore che al posteriore, insieme a pneumatici concepiti per garantire maggior efficienza nelle varie fasi di gara. Il 2026, a tutti gli effetti, sarà un reset per il Circus, un nuovo inizio in cui la Federazione ha individuato tre priorità chiare: migliorare la qualità della battaglia in pista, aumentare la sicurezza e rendere le monoposto maggiormente sostenibili dal punto di vista energetico
All’interno della rivoluzione regolamentare, la Ferrari si trova a un bivio fondamentale. L’arrivo di Lewis Hamilton nel 2025 non ha portato l’impatto psicologico e organizzativo immaginato, perché il sette volte campione del mondo si è spesso sentito poco coinvolto nelle scelte e nel processo tecnico interno, manifestando più volte il suo malessere. Per il 2026 Hamilton chiede un ruolo più incisivo nello sviluppo, in particolare in un contesto privo dell’effetto suolo, concetto che non ha mai apprezzato fino in fondo. Servirà un lavoro profondo di coordinamento da parte di Vasseur, chiamato a stabilizzare reparti e ambizioni in una fase delicata che durerà tutto il lungo inverno fino ai primi chilometri del 2026. La Ferrari non può più permettersi errori, perché con una rivoluzione tecnica di questa portata chi sbaglierà l’interpretazione del regolamento rischia di restare indietro per anni. Sarà la sfida più grande dell’ultimo decennio, non soltanto dal punto di vista ingegneristico ma anche strategico e culturale.
Contesto del progetto Ferrari 2026
La Ferrari si avvicina al 2026 seguendo un percorso tutt’altro che lineare. Il 2025 è stato un anno in cui le aspettative si sono scontrate con una realtà molto più complessa del previsto. L’arrivo di Hamilton e le ottime prestazioni della SF-24 avevano fatto pensare a una crescita naturale, invece la stagione si è rivelata difficile, con problemi tecnici e metodologici che hanno frenato lo slancio iniziale. La squadra ha sofferto più del previsto e il processo di integrazione tra pilota, reparti e filosofia gestionale non ha prodotto subito i risultati attesi. Il 2025 è diventato una stagione di transizione tecnica e culturale. Hamilton ha cercato di imporre la propria mentalità vincente, ma la struttura interna di Maranello è ancora in fase di riorganizzazione. Vasseur, nel frattempo, ha continuato a ridisegnare l’organigramma: dall’ingresso di Serra alla formazione di nuovi gruppi dedicati allo studio delle gomme e della power unit, fino a un lavoro più scientifico sulla correlazione tra pista, simulatore e progettazione. Tutto questo, pur necessario, ha richiesto tempo e adattamento, rallentando il processo di consolidamento.
Un altro elemento determinante è stato il rinnovo contrattuale di Vasseur. I mesi spesi a definire il futuro della gestione sportiva hanno inevitabilmente sottratto energie e chiarezza in una fase in cui la Ferrari avrebbe dovuto concentrarsi sul progetto 2026 con maggiore anticipo. I tre o quattro mesi persi rischiano di avere un impatto misurabile sull’efficacia del lavoro invernale, perché i rivali hanno avuto una continuità operativa più solida e meno turbolenta. Il clima a Maranello è positivo, ma non trionfalistico, consapevole che il 2026 non permetterà margini di errore ampi. La correlazione tra reparto telaio, power unit e direzione tecnica sarà fondamentale. Hamilton non è stato ingaggiato solo come pilota, ma come riferimento strategico per mettere a sistema un know-how diverso, con esperienza diretta nel ciclo vincente della Mercedes. Il suo peso dovrà essere riconosciuto in maniera concreta nella fase di sviluppo. Se non verrà coinvolto pienamente nella strategia tecnica, la scelta rischierebbe di perdere senso. L’inverno che precede la nuova era regolamentare deve trasformarlo in un elemento guida, non in un semplice esecutore.
Il test pre-stagione 2026 assumerà un valore enorme, ben superiore a quello degli ultimi cicli regolamentari. Con monoposto completamente nuove e margini progettuali così profondi, chi sbaglierà l’interpretazione rischierà di trovarsi immediatamente in ritardo, con una difficoltà strutturale nel recuperare. I nuovi regolamenti renderanno più complesso intervenire a stagione in corso, perché molta della competitività dipenderà dall’efficienza complessiva del pacchetto sin dall’esordio. Per questo motivo la Ferrari deve arrivare al 2026 con una chiara sinergia tra reparti, idee, uomini e metodologie. Hamilton dovrà essere pienamente coinvolto nella lettura del progetto, nella sensibilità aerodinamica e nella direzione dello sviluppo. L’obiettivo è avere una monoposto coerente, con un filo logico tra prestazione meccanica, potenza elettrica e uso strategico dell’aerodinamica. La priorità non è solo la velocità, ma la stabilità del percorso, la chiarezza culturale e una leadership capace di trasformare l’inverno in un vantaggio competitivo. Il 2026, per Maranello, sarà un giudizio tecnico ma anche identitario. Il successo del 2026 non sarà solo un riflesso del talento dei piloti, ma dell’identità tecnica e culturale che la Ferrari sarà riuscita a costruire nella lunga fase invernale di transizione.
Dimensioni e Power Unit 2026
Il primo impatto visivo riguarderà le dimensioni: le monoposto saranno più corte e più leggere, con una riduzione complessiva di circa 30 chilogrammi. Verranno ridotte anche le dimensioni del fondo e della carreggiata, con vetture più strette di 10 centimetri e più corte di 20. Il nuovo peso minimo scenderà a 768 kg rispetto agli attuali 800, un cambiamento che inciderà anche sulla dinamica in curva e sulla gestione delle gomme. Il vero cuore del cambiamento tecnico riguarda però i motori della nuova era della Formula 1. Oggi una power unit è composta da un motore termico, un turbocompressore, due sistemi elettrici di recupero energia (MGU-K e MGU-H), una centralina di controllo e batterie dedicate. Dal 2026 la configurazione sarà più semplice, meno costosa e più sostenibile: scomparirà l’MGU-H, ovvero il sistema che recupera energia dal turbo e che rappresentava una delle componenti più complesse e più dispendiose da sviluppare. Questa scelta ha aperto la porta a nuovi costruttori come Audi e Ford (quest'ultima con Red Bull), con l’obiettivo di ampliare il numero dei player tecnologici e ridurre le barriere economiche all’ingresso. La nuova power unit sarà divisa al 50 per cento tra parte termica ed elettrica. La parte termica avrà meno potenza, scendendo dai valori attuali a circa 400 kW, mentre l’elettrico crescerà in maniera netta grazie all’MGU-K, che passerà da 120 kW a 350 kW, triplicando la potenza recuperata e restituendo un ruolo ancora più centrale alla gestione energetica. Questo porterà ad auto meno dipendenti dai cavalli del motore termico e più legate alla capacità di ricaricare e utilizzare energia nei momenti più delicati della gara.
Aerodinamica attiva nella Formula 1 2026
Un problema storico della Formula 1 è legato alla difficoltà di restare vicini all’avversario a causa dell’aria sporca generata dalla vettura che precede. Per favorire i sorpassi, nel 2026 verrà ridisegnato il carico aerodinamico, con un indirizzamento dei flussi d’aria più vicino alle ruote anteriori, riducendo la scia turbolenta che finisce sulla monoposto che segue. Meno aria sporca significa maggiore stabilità e più possibilità di attacco, soprattutto in frenata e a centro curva, dove il pilota potrà restare agganciato senza perdere aderenza. L'aerodinamica attiva sarà una delle innovazioni più significative. Il sistema introdurrà due modalità: la Z-mode, cioè la configurazione da massimo carico per affrontare curve e frenate, e la X-mode, pensata per i rettilinei con minor resistenza all’avanzamento. In modalità X, sia il flap dell’ala posteriore sia quello dell’ala anteriore potranno muoversi, permettendo una vettura più bilanciata e più efficiente. Il pilota potrà passare da una modalità all’altra solo nelle zone autorizzate dalla Fia, garantendo controllo e uniformità strategica tra tutti i team.
Autore: Mirko Borghesi / Twitter: @@BorghesiMirko
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