Durante una recente apparizione a Città del Messico, Sergio Perez è tornato a parlare apertamente della fine della sua avventura in Red Bull, avvenuta quasi un anno fa. Il messicano ha raccontato senza filtri l’ultima conversazione con Christian Horner, allora team principal: “Grazie di tutto. E mi dispiace davvero per chi verrà qui dopo, perché sarà estremamente difficile per lui”. Parole che suonano come un bilancio lucido di un’esperienza complessa, vissuta tra grandi risultati e una pressione costante. Oggi Perez guarda a quell’addio con maggiore serenità, arrivando a dire che “per come stavano le cose, andare via è stata la scelta migliore possibile”.
Un progetto pensato per un solo riferimento
Perez ha spiegato di aver compreso fin dal primo giorno che il suo ruolo non sarebbe stato paragonabile a quello avuto in passato: “Sapevo che dovevamo essere intelligenti. Conoscevo il mio ruolo e sapevo che questo progetto era stato sviluppato per Verstappen”. Secondo il messicano, lo sviluppo della monoposto è sempre stato orientato allo stile di guida dell’olandese, rendendo la vettura estremamente complessa per chi prova a interpretarla in modo diverso. “Quando sono arrivato ho provato a cambiare le cose, ma ci sono troppi interessi in gioco. Non puoi andare contro il sistema”, ha ammesso.
Il peso del “secondo sedile” e l’ombra di Max
Guardando al presente e al futuro, Perez è convinto che lo scenario non cambierà: “Chiunque arrivi dopo di me avrà gli stessi problemi”. Pur riconoscendo a Verstappen qualità straordinarie “Penso che diventerà il miglior pilota della storia” il messicano critica la narrazione attorno al secondo abitacolo: “Oggi quasi nessuno si ricorda che la Red Bull ha un secondo pilota”. Un’osservazione che chiama in causa anche media e percezione pubblica, dove il confronto interno sembra ormai passato in secondo piano, nonostante continui a pesare sugli equilibri del team.
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