Fernando Alonso ha raccontato con grande lucidità le difficoltà vissute nel suo ritorno in Formula 1, spiegando come il gap prestazionale iniziale non fosse legato al talento ma a un processo più profondo che coinvolge mente e corpo. Le sue parole, rilasciate a DAZN España, offrono uno spaccato raro su cosa significhi davvero tornare competitivo dopo una pausa lunga, anche per un due volte campione del mondo.
Il ritorno in pista e quel gap inatteso nei primi test
Quando Alonso è tornato in Formula 1, l’aspettativa naturale era quella di ritrovare immediatamente il livello che lo aveva sempre contraddistinto. I primi test, però, hanno raccontato una storia diversa. I tempi sul giro hanno mostrato un distacco di alcuni decimi che, per un pilota della sua esperienza, rappresentano un segnale forte. Non si trattava di mancanza di velocità pura, ma dell’impossibilità di capire dove e come recuperare quel margine. Alonso ha descritto quella fase come un momento limite, in cui la sensazione era quella di essere già al massimo senza riuscire ad andare oltre. "All’inizio ero convinto che sarebbe stato naturale tornare subito al mio livello, invece i cronometri mi hanno fatto capire che mancava qualcosa e non riuscivo a individuare dove colmare quei decimi, mi sentivo già al limite". Un passaggio che chiarisce quanto il rientro in F1 non sia mai automatico, nemmeno per chi ha scritto la storia di questo sport.
Il fattore cognitivo e il reset dopo una pausa lunga
Al centro del ragionamento di Alonso c’è un aspetto spesso sottovalutato, quello cognitivo. Il pilota spagnolo ha spiegato come il rendimento non dipenda solo dal talento o dalla tecnica, ma da un insieme complesso di automatismi mentali e sensoriali che si costruiscono con la continuità. Quando questa continuità viene interrotta, anche per un campione, il sistema va in qualche modo riavviato. "È un meccanismo mentale che tutti abbiamo, qualcosa che cresce con l’abitudine e che quando ti fermi a lungo tende a resettarsi, costringendoti a ricostruire sensazioni e riferimenti". Alonso utilizza una metafora molto efficace, paragonando il ritorno in macchina al tornare in bicicletta dopo tanto tempo, quando per ritrovare l’equilibrio servono di nuovo le rotelle. Un’immagine semplice, ma estremamente potente per spiegare quanto sia delicato il rapporto tra corpo, testa e prestazione in Formula 1.
Talento, percezione esterna e realtà del pilota
Un altro punto chiave del racconto riguarda la percezione esterna. Da fuori, il ritorno di un pilota di talento viene spesso visto come un’operazione immediata, quasi scontata. Alonso ribalta questa lettura, sottolineando come la realtà sia molto più complessa. "Da fuori sembra tutto facile, perché si pensa che il talento basti a salire in macchina e andare forte, ma in realtà corpo, mente e sensi devono ritrovare un’armonia che non è mai garantita". È una riflessione che va oltre il suo caso personale e diventa una lezione generale sulla Formula 1 moderna, dove il margine tra essere competitivo e perdere decimi preziosi è sottilissimo.
Autore: Mirko Borghesi / Twitter: @@BorghesiMirko
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